I funerali di Martina Carbonaro. Monsignor Battaglia, "è morta per una idea malata dell'amore" [VIDEO]

Scritto il 04/06/2025
da Mena Grimaldi

AGI - Tra applausi scroscianti al grido di "giustizia, giustizia", centinaia di persone, davanti alla Basilica di Sant'Antonio di Afragola, hanno accolto intorno alle 15 l'arrivo del feretro di Martina Carbonaro, la 14enne uccisa dall'ex fidanzato Alessio Tucci, 19 anni a luglio.

Tantissimi i giovani. Presenti con striscioni e palloncini bianchi anche i compagni di scuola dell'istituito Alberghiero frequentato dalla 14enne che voleva diventare una chef. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha inviato una corona di fiori che sono stati adagiati sul sagrato della Basilica.


L'omelia di monsignor Battaglia

"Martina aveva 14 anni. Un'età che dovrebbe profumare di futuro, di sogni, di primi battiti d'amore, di scoperte lente, dolci, di passi ancora incerti eppure pieni di vita. E invece oggi siamo qui a piangere, con la sua mamma, con il suo papa', con la sua famiglia, con gli amici, con tutta una comunità stordita, spezzata, incredula". Cosi monsignor Mimmo Battaglia, arcivescovo di Napoli, ha iniziato la funzione per l'ultimo saluto a Martina in una Basilica gremita di gente.  Tantissimi sono rimasti fuori, per mancanza di spazio: per loro è stato allestito un maxi schermo.

"Dinanzi a questo dolore straziante - dice il cardinale Battaglia - ogni parola umana si fa piccola, povera, fragile. Perchè c'è un punto in cui le parole degli uomini si fermano. Si spezzano. E solo la Parola di Dio può continuare a parlare. Si è spalancata in noi con la morte di Martina - continua - Una ferita che urla. Che spacca il fiato. Che rende difficile anche il solo respirare. Una ferita che chiede giustizia, ma che soprattutto reclama consolazione". 

Le parole di conforto ai genitori

E poi rivolgendosi ai genitori: "Cara mamma Fiorenza, caro papà Marcello, lo so benissimo che queste parole, oggi, non sono consolazioni facili. Sono una promessa che ci supera, e che ci sfida. Perchè il dolore per Martina è troppo grande. E' un grido. Un pugno. E' una domanda senza risposta. E' l'abisso. Ma proprio lì, nell'abisso, Dio non si ritrae. Non vi lascia. Allo stesso modo di come non ha lasciato Martina che oggi è custodita nel suo cuore".

E ancora: "Martina è morta per mano della violenza. E' morta per mano di un ragazzo che non ha saputo reggere un rifiuto, un limite, una libertà, togliendo il futuro non solo a Martina ma anche a se stesso. E' morta per un'idea malata dell'amore. Un'idea ancora troppo diffusa, troppo tollerata, troppo silenziosa". Monsignor Battaglia si rivolge poi ai giovani presenti: "Esprimo la mia preoccupazione soprattutto per quelli che non sanno più gestire la rabbia, che confondono il controllo con l'affetto, che pensano ancora che amare significhi possedere. Che vedono la donna come qualcosa da ottenere, da tenere, da non perdere mai. Che se vengono lasciati si sentono umiliati, feriti, e trasformano il dolore in odio. Un odio che uccide. E' femminicidio. Chiamiamolo con il suo nome. Non è follia. Non è gelosia. Non è un raptus. E' il frutto amaro di un'educazione che ha fallito. Di un linguaggio che normalizza la violenza. Di un silenzio colpevole". L'omelia del cardinale, apparso visibilmente commosso, si chiude così: "L'amore non è possesso e dire basta deve essere un diritto e non una condanna".